Sulle tracce dei Vichinghi

Dai porticcioli e dalle isole del Bohuslan (la costa di granito nel sud ovest della Svezia) alle spiagge e alle maestose dune di sabbia della Danimarca del nord, con un breve transito in Norvegia: una suggestiva e articolata ciclovacanza per tentare di sfuggire alla calura mediterranea.


Fjallbacka (Svezia), luglio 2022. "Erica aveva sempre trovato che le case lungo la baia somigliassero a una collana di perle immerse nella pace": così la scrittrice svedese Camilla Lackberg, nel suo romanzo "Lo scalpellino", descrive questa tranquilla e suggestiva località della costa sud ovest, dove ha ambientato i suoi racconti gialli.

La lettura dei suoi libri mi ha inevitabilmente condizionato: girovagando tra i vicoli deserti che circondano le tipiche casette rivestite di legno bianco e ricoperte da tetti arancioni, infatti, ho quasi la sensazione che la pace e la tranquillità del luogo siano solamente una cortina artificiale creata per nascondere chissà quale efferato delitto.

Mi lascio pervadere da questa (finta e anche un po'… cinematografica) inquietudine mentre, dopo un "fish&chips" consumato sul molo come premio per la pedalata odierna, rientro a piedi verso il b&b dove mi fermerò per la notte. Le prime gocce di pioggia della vacanza iniziano a cadere. E sorrido.

Sorrido perché "sento" che la perturbazione sfogherà durante la notte e già immagino che domattina pedalerò di nuovo all'asciutto, con la fortuna che sin qui mi ha accompagnato.

Riavvolgiamo il nastro. Mi piace pensare che sia stata la bandiera della Svezia a darmi il benvenuto, accompagnandomi nei primi quattro giorni di ciclovacanza con i suoi colori: il giallo del sole splendente e l'intenso azzurro del cielo, infatti, hanno costituito l'assoluta dominante cromatica delle prime tappe affrontate.

Sono partito da Goteborg, tipica città nordeuropea con palazzi neoclassici che si affacciano su strade dove tram e biciclette primeggiano, a testimonianza della priorità che, da queste parti, ha ormai acquisito la mobilità urbana sostenibile.

Ma la città presenta anche sculture ed edifici di matrice contemporanea, come il "Kuggen" (la "ruota dentata"): una costruzione davvero singolare, ricoperta di pannelli i cui colori cambiano a seconda dell'incidenza della luce nelle diverse ore del giorno e dotata di finestre triangolari che convogliano l'illuminazione naturale verso i soffitti interni, permettendole, così, di penetrare più in profondità e più a lungo nell'edificio.

Foreste, fattorie e campi coltivati; fattorie, campi coltivati e foreste. A nord di Goteborg, cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia. Ma è sufficiente abbandonare l'interno e pedalare verso la costa per scoprire un mondo nettamente differente. Un mondo fatto di scogliere di granito popolate da uccelli e di spiagge nascoste, di animati porti turistici e villaggi variopinti, di articolate insenature e innumerevoli isolotti: è il Bohuslan!

Quattro tappe percorse lungo la frastagliata costa del Bohuslan mi hanno consentito di scoprire alcune delle "perle" della regione, come la silenziosa Kladesholmen (suggestivamente posizionata su un isolotto unito da un ponte alla terraferma), o l'isola di Marstrand, famosa per il suo castello e visitabile solo a piedi.

Tra numerose " kanelbullar" (tipico dolce locale alla cannella) e degustazioni di pesce fresco a chilometri zero, le mie giornate sulla costa mi hanno portato dal tramonto spettacolare sulle rocce di granito a Lysekil ai contrasti di Smogen, dove il chiassoso e frequentatissimo porto turistico lascia il posto, appena più in là, al termine dell'insenatura, al silenzio ovattato che circonda le vecchie, suggestive e variopinte cabine dei pescatori.

Con la pelle scottata dal sole (chi poteva immaginarsi un meteo così insolitamente e stabilmente "mediterraneo" per giorni e giorni?) e un patrimonio speso in acqua minerale (avevo già sperimentato in precedenti viaggi in Scandinavia quanto fosse raro, se non impossibile, trovare da queste parti una "normale" fontanella dove riempire le borracce…) ho poi attraversato in bici una suggestiva riserva naturale, grazie a una singolare passerella ciclopedonale in legno sospesa sul terreno e sull'acqua, e mi sono spostato tra penisole e isolotti per mezzo di minuscoli traghetti, alcuni dei quali riservati solo a pedoni e ciclisti.

E poi… ho fatto la conoscenza di Anna. No: non si tratta di una cicloturista incontrata durante le mie pedalate. Peraltro, ne ho incontrati pochissimi, di "colleghi", sulla costa, per lo più equipaggiati con modernissime e-bike (e io che, ancora a 56 anni, insisto a faticare spingendo con le sole gambe 35 kg di peso, tra bici e bagagli…).

No, Anna non è una persona in carne e ossa: è una impressionante e gigantesca scultura che, posizionata in cima alla collina di Pilane insieme a numerose altre opere di un museo a cielo aperto, mi è apparsa così, all'improvviso, quasi come un totem eretto a silenzioso monito per indurre il turista a rispettare, nel suo passaggio, questa terra così ordinata, pulita e accogliente.

Tutto questo e, naturalmente, molto altro ho ancora negli occhi quando, giunto al quarto giorno di viaggio, faccio oggi capolino dalla finestra del b&b di Fjallbacka per constatare compiaciuto l'esattezza della mia (un po' scaramantica, lo ammetto) previsione: il temporale, che è durato tutta la notte, è ormai cessato e, come ulteriore "incentivo" alla continuazione della pedalata, ha lasciato una piacevole aria "frizzantina" in sostituzione della calura che ormai cominciava a divenire insostenibile.

Una colazione al Bryggan (locale iconico di Fjallbacka) all'ormai "obbligatorio" sapore di cannella, un saluto al busto di Ingrid Bergman (la straordinaria attrice viene così ricordata per avere scelto questi luoghi come suo "buen retiro" per sfuggire alla vita da diva, finendo addirittura per acquistare un intero isolotto della baia) e mi dirigo verso Litsleby, uno nei numerosi siti della zona dove si possono ammirare affascinanti incisioni rupestri risalenti all'età del bronzo.

E' giunto il momento di lasciare la costa svedese: la nave traghetto mi porta in Norvegia, a cui dedico esclusivamente una tappa (negli anni scorsi ho già affrontato due cicloviaggi in terra norvegese e, quindi, gli obiettivi di questa estate sono differenti) e che, di fatto, utilizzo solo come "ponte" necessario per raggiungere, con un ulteriore traghetto, la vera mèta della seconda parte della vacanza: la Danimarca.

Per noi è lo Jutland, i danesi lo chiamano Jylland: è la "terra della luce".

La prima impressione, sbarcando nell'estremo nord della Danimarca è affascinante e disorientante al tempo stesso. L'eterea luce che si spande sulla pianura infinita rende il luogo quasi mistico: si pedala sospesi tra cielo e terra non capendo bene se appartenere all'uno o all'altra.

Il Paese appare dominato da due forze contrastanti e da una terza che prevale ed emerge: il mare combatte contro il vento ma, a vincere, è… la sabbia.

Sì: la sabbia. Quella della duna che ancora circonda e minaccia il Rubjerg Knude Fyr. Inaugurato nel '900, il faro sorgeva su una scogliera a 200 metri dal mare ma, con il passare degli anni, l'azione erosiva delle acque sulla costa e l'avanzare di una pericolosa duna di sabbia ne resero di fatto obbligatoria la chiusura. Nell'anno 2019, per salvare la costruzione, venne addirittura deciso di spostarla, per mezzo di binari, di ben 70 metri verso l'interno. Così, laddove ora si trova, si auspica che possa resistere ancora per qualche altro decennio. Sabbia permettendo…

La stessa sabbia che appare quasi inghiottire le centinaia di cabine che caratterizzano lo skyline della spiaggia di Lokken e che, in inverno, vengono spostate verso l'interno per proteggerle dalle intemperie, o quella che circonda il campanile della Tilsandede Kirke: unica parte rimanente di una chiesa il cui corpo principale nel 1600 cominciò a insabbiarsi con tale gravità che, per accedere alle funzioni, i fedeli erano costretti a scavare e che, per tale motivo, fu abbattuto alla fine del secolo seguente.

Ma, in Danimarca, il mare non combatte solo contro il vento: c’è un luogo in cui si scontra con il mare stesso. Legata la bici agli appositi stalli presenti nel parcheggio di Grenen, a pochi chilometri da Skagen, mi avvio sulla spiaggia per raggiungere l'estremo nord del Paese. La spiaggia si rivela, pian piano, una grande distesa cuneiforme bagnata da due mari: Skagerrak e Kattegat, le cui correnti portano le onde a infrangersi sulle rispettive, opposte, battigie. Ma il cuneo tende naturalmente a restringersi sempre di più, fino a che… le onde dei due mari, non più separate dalla sabbia, finiscono letteralmente per scontrarsi, dando vita a un suggestivo spettacolo naturale che attira sul posto, giustamente, una moltitudine di turisti.

Ormai è da un paio di giorni che pedalo e soggiorno nel nord della Danimarca e ho maturato una sensazione che non riesco a descrivere a parole. Mi viene incontro la guida tascabile che ho portato con me, dove leggo un termine per noi oscuro e quasi impronunciabile ma che, per i danesi, significa moltissimo: "hygge".

E' una definizione che, più o meno, sta ad evocare una sensazione di intimità, convivialità e condivisione. La stessa sensazione che ho provato fin dal momento dello sbarco dal traghetto, accolto da persone pazienti e sorridenti in ogni circostanza.

Le colazioni nei b&b in tavolata comune, la gentilezza dei camerieri nei ristoranti, la cura per i dettagli, il rispetto per i ciclisti, persino le toilette pubbliche in cui mi sono imbattuto, tutte rigorosamente "gender free", in quanto condivise senza distinzione di sesso: tutti particolari, esperienze e sensazioni a cui non riuscivo a dare una definizione e per i quali, ora, l'ho scoperta.

E' il mio ultimo giorno di ciclovacanza nella "terra della luce". E' previsto vento da nord - mi informa compiaciuto Mikke, il simpatico titolare del b&b di Skagen - quindi dovrei raggiungere velocemente il porto di Frederikshavn, situato a sud, a circa 40 km da qui.

Ma non ho alcuna intenzione di approfittare del vento in poppa. Non corro mai in bici, figuriamoci in vacanza. Correre in queste circostanze, per me, sarebbe come guardare un film premendo il tasto di "avanzamento veloce". Non capirei nemmeno la trama. Piuttosto, è il virtuale tasto di "pausa" quello che prediligo, sempre. Anche oggi. Soprattutto oggi che il viaggio sta per terminare.

Del resto, una deviazione è ancora d'obbligo per andare a visionare la famosa Rabjerg Mile: la più grande "duna migratrice" d'Europa (alta 40 mt ed estesa 2 chilometri quadrati) si trova ormai a notevole distanza dal mare, in mezzo a una foresta, e si muove all'incredibile velocità di 18 metri all'anno, in direzione nord est. L'ennesimo spettacolo della natura che porterò nei ricordi di questo viaggio.

Ci siamo: il traghetto che mi riporterà a Goteborg sta per salpare. Mentre con le cime assicuro la bici alle paratie interne, sento già di portare con me una piacevole, forte eco di “hygge”.  E penso proprio che mi rimarrà a lungo.