Isole Lofoten: 10 (e lode)

10 pillole: aspetti, momenti e sensazioni che non dimenticherò della mia ciclovacanza oltre il circolo polare artico


#1 Rorbu

Letteralmente: "casa del rematore". Vera icona delle isole, per lo più di colore rosso e spesso costruita su palafitte di legno, questa tipica abitazione rappresenta certamente la più degna e "autentica" location che un ciclista può scegliere come intermezzo notturno per riposarsi da ogni tappa quotidiana.

Nemmeno i numerosi comfort che vi ho trovato, dovuti ai sapienti riammodernamenti che hanno subìto queste vecchie baite (un tempo utilizzate dai pescatori per riposarsi e immagazzinare i merluzzi), hanno potuto sminuire il fascino delle mie soste, tali – in sostanza – da consentire una vera "immersione" nel territorio per tutto il viaggio, senza soluzione di continuità.


#2 Il silenzio

Il suono del motore di un'auto dietro di me mi induce ad accostare il più possibile al margine della strada, oltre a irrigidirmi istintivamente, pronto a subire l'imminente sorpasso. Ma questo non arriva. Uno sguardo nello specchietto che monto sulla bici mi mostra la strada vuota. Ma allora? E' il mio primo giorno sulle isole e, semplicemente, non sono ancora abituato a questo silenzio irreale che, complice anche l'aria rarefatta, fa sì che si possa percepire distintamente la presenza di un veicolo a motore anche se si trova… a un chilometro di distanza!


#3 Il sole di mezzanotte

C'era. L'ho visto. Ho dovuto mettere la sveglia, ma l'ho visto. O, meglio: ho visto come, da dietro i monti che mi circondavano, illuminava le loro cime la prima sera che ho trascorso sull'isola. Ma è la foto seguente ad avere rappresentato il momento ancora più "disorientante" del viaggio. Alzatomi alle 3.30 di notte per andare in bagno, sposto la tenda dicendomi "almeno a quest'ora un po' di buio sarà calato". E invece… niente… ancora come se fossimo in pieno giorno.


#4 Reine

Il colpo d'occhio sulla baia più famosa delle isole lascia senza fiato. Una corona di aguzze vette di rocce granitiche circonda lo specchio d'acqua, come severi e silenziosi giganti posti a proteggere gli eredi degli antichi pescatori locali.

"Ma guardiamoli un po' dritto negli occhi, questi giganti", mi sono detto. Così, legata la bici e cambiate le scarpe, mi sono arrampicato sul più noto sentiero della zona. Arrampicato: sì, è il termine giusto.

Dal mare, seguendo un tracciato a gradoni (in alcuni punti talmente ripido che occorre aiutarsi con delle corde appositamente installate), si raggiunge dritto-per-dritto il Reinebringen: un balcone naturale posto a 448 metri di altitudine, dal quale ho potuto godere di un panorama mozzafiato, grazie anche alla ennesima giornata di sole che ho avuto la fortuna di trovare nel mio cicloviaggio.


#5 Il pesce

Lo chiamano "il maiale dei mari", perché della sua carne non si butta via niente, nemmeno la lingua (che viene proposta fritta in qualche menu locale). Alle Lofoten, tutta l'economia ittica ruota intorno al merluzzo, circostanza della quale ci si rende conto ben presto, non solo nei ristoranti all'ora di cena, ma anche percorrendo le strade delle isole, disseminate di palizzate ricolme di merluzzi posti ad essiccare. Grazie all'azione del sole e del vento, diverranno così esemplari del noto "stoccafisso", da non confondere con il baccalà, che invece si ottiene all'esito di un processo di salatura.


#6 Anita's seafood

Ma il pesce, sulle isole Lofoten, non si gusta solo a cena.

Quasi strategicamente posizionato su un ponte che porta all'isola di Hamnoy, questo punto di ristoro, oltre a vendere prodotti ittici locali di ogni tipo, serve anche deliziosi panini ripieni del pescato fresco, che si possono poi gustare all'aperto, godendo della spettacolare vista sulla baia di Reine.

Terminato il panino, la sorpresa migliore: mi hanno servito un (incredibilmente) ottimo caffè espresso, accompagnato da un cioccolatino… a forma di balena!


#7 Ponti e tunnel

Da un eccesso all'altro. Dai ponti vertiginosi che ci si augura di attraversare in momenti di vento "clemente", all'impressionante Nappstraumtunnelen: galleria sottomarina che, in quasi due chilometri di lunghezza, unisce le isole di Flakstadoya e Vestvagoy.

Percorrere questo tunnel è un'esperienza decisamente particolare: una ripida discesa mi porta velocemente sotto il livello del mare, che attraverso con la strana sensazione di essere investito, da un momento all'altro, da un TIR che sopraggiunge alle mie spalle. Ma, in realtà, sono da solo: il rumore fortissimo che mi riempie le orecchie, quasi fino a stordirmi, è solo dovuto alle impressionanti eliche del sistema di aerazione. Dopo avere percorso il più velocemente possibile il tratto sottomarino, l'uscita dal tunnel è invece lentissima, dovendo superare una salita al 12% di pendenza che, finalmente, riporta di nuovo a vedere il cielo. Tutto molto strano. Singolare, direi anche un po’ inquietante. Ma bello. Quasi quasi lo rifaccio.


#8 Nusfjord

Raggiungibile un tempo solo via mare, ma oggi più facilmente accessibile grazie a un'apposita deviazione lungo la strada principale dell'isola di Flakstadoya, Nusfjord è un antico villaggio di pescatori trasformato in un museo a cielo aperto.

La suggestione del luogo raggiunge il suo culmine nelle ore serali, quando i turisti in visita "mordi-e-fuggi" hanno abbandonato la baia e i fortunati ospiti di uno dei rorbu che circondano il piccolo molo possono godersi con calma la serata in un silenzio quasi surreale, rotto solo dal garrito dei gabbiani che si impadroniscono della scena.

Potevo forse scegliere un luogo migliore per trascorrere la notte tra due tappe della ciclovacanza?


 #9 Ramberg

Se le chiamano "i Caraibi del nord", ci sarà un motivo. Pedalare sulle isole Lofoten significa anche costeggiare spiagge di un bianco abbacinante, bagnate da un meraviglioso mare così limpido che invoglia a un tuffo rigenerante.

Solo allora, tuttavia, si potrà scoprire che l'appellativo in questione riguarda solo l'aspetto cromatico e scenografico. La temperatura dell'acqua, infatti, anche in piena estate è tutto fuorché "caraibica". E così, da buon ospite mediterraneo, sceso sulla lunghissima e nota spiaggia di Ramberg, non sono davvero riuscito ad immergere altro se non i miei piedi (e, oltretutto, giusto per pochi secondi… prima di congelarli…).


#10 Å

Si scrive Å, ma si pronuncia "O". L'ultima lettera dell'alfabeto norvegese è anche l'ultimo paese delle Lofoten raggiungibile a sud, sull'isola di Moskenesoya.

Ultimo, sì (anche in questo racconto), ma non per importanza ("last but not least", direbbero oltremanica). In questo minuscolo villaggio di pescatori, infatti, ho potuto godere di due tra i più interessanti e fortunati momenti della ciclovacanza.

Una visita al "museo dello stoccafisso" era quasi d'obbligo. Una brochure (anche in lingua italiana) permette di scoprire tutto il processo di lavorazione del merluzzo, attraversando le sale di una grande costruzione su palafitte in cui, oltre ad ammirare l'esposizione di utensili per la pesca e il trattamento dei merluzzi, si può seguire su un monitor un documentario sulla vita dei pescatori locali.

Uscito dal museo, mi sono ritrovato quasi inconsciamente a seguire il "magnetico" profumo di cannella che mi ha attirato sull'uscio di un minuscolo locale. Varcata la soglia, sono stato catapultato indietro di quasi due secoli. Fu costruito nell'anno 1844, infatti, questo storico forno che ancora oggi allieta il palato dei turisti con panini caldi e "irrinunciabili" girelle alla cannella.

La stessa fragranza che ha poi invaso le mie narici mentre, dopo qualche giorno, girovagavo nell'aeroporto di Stoccolma, durante lo scalo per rientrare in Italia. Al chiuso, le luci al neon, il vociare dei viaggiatori e il rumore delle ruote di decine di trolley:  ho provato a chiudere gli occhi, evocando invece con quel profumo le vette aguzze che si stagliavano contro il cielo blu e il mare circondato da casette di legno smaltate di rosso vivo.

Ma poi, purtroppo, li ho riaperti. La vacanza era davvero terminata.