Il quinto elemento

Terra, aria, acqua, fuoco e… bici: sensazioni, dettagli, immagini, curiosità ed emozioni di un cicloviaggio nel sud ovest dell'Islanda.


Roma, dicembre 2022

La testa mi diceva: "ma dove pensi di andare? Tutto solo, a prendere freddo, pioggia  e vento!?"

Il cuore, invece, mi spronava: "sbrigati ad andarci, prima di diventare troppo vecchio per farlo!"

E niente… mentre la testa litigava con il cuore, la pancia, zitta zitta, provvedeva ad acquistare il biglietto aereo…

Keflavik (Islanda), luglio 2023

Eccomi seduto in aeroporto, in attesa che venga chiamato l'imbarco per il volo di rientro in Italia. Come spesso capita, la pancia ha avuto ragione, perché l'istinto non sbaglia quasi mai.

In effetti, la decisione di affrontare questo cicloviaggio è stata presa d'impulso, per l'appunto a dicembre scorso, leggendo su una guida turistica d'Islanda l'espressione "thetta reddast", motto nazionale che sta a significare più o meno "andrà tutto bene", e che io - a quel punto - ho interpretato come ottimistico e quasi profetico stimolo ad abbandonare ogni remora e a cliccare sul pulsante "ACQUISTA" sul sito web della compagnia di bandiera islandese.

La bici è stata imbarcata. Solo lo zainetto del bagaglio a mano mi tiene ora compagnia, mentre ho tutto il tempo di rilassarmi, lasciando che le sensazioni, le immagini e le emozioni della vacanza appena conclusa attecchiscano dentro di me, come innesti di nuovi rami a fare compagnia agli altri ricordi dei numerosi cicloviaggi già conclusi in mezza Europa.

Ma l'Islanda mi mancava. E la desideravo. Quest'isola dalle caratteristiche così peculiari e davvero uniche nel nostro vecchio continente mi aveva sempre attratto. Ho sempre pensato che, visitandola, sarei stato sopraffatto e conquistato dall'alternarsi dei quattro elementi primordiali della natura, oggetto della dottrina dei filosofi presocratici.

Un paese di terra, aria, acqua e fuoco. Così immaginavo l'Islanda e così mi ha accolto e accompagnato per otto giorni. E’ l'aggiunta del mio personale "quinto elemento", però, che mi ha permesso di dare un valore aggiunto alla vacanza: la bici.

Ma andiamo per ordine:

TERRA

Terra, ma non solo. Terra giovane.

L'Islanda si è formata in tempi assai più recenti rispetto al resto dei Paesi europei. L'isola, infatti, è emersa "appena" 20 milioni di anni fa, a seguito di una serie di eruzioni vulcaniche lungo la dorsale sottomarina medio-atlantica.

Sarà forse per questo motivo che, già dai primi colpi di pedale sulla ciclabile che parte esattamente dall'aeroporto internazionale, si ha la sensazione di poggiare le ruote su un suolo decisamente unico.

Reykjanes: questo è il toponimo della penisola dove si trovano sia l'aeroporto che la capitale Reykjavik e dove ho percorso la maggior parte dei miei chilometri. Un parco geologico affascinante!

Ho pedalato per ore su strade prive di traffico, lontano dalla "ring road", la strada principale (trafficatissima!) che permette il periplo dell'isola, godendomi il silenzio beatamente circondato da piccoli e grandi vulcani ed enormi distese di lava solidificata.

Ho avuto la possibilità (e l'emozione) di raggiungere in bici e ammirare da vicino due siti che testimoniano in maniera suggestiva la posizione dell'isola proprio lungo la dorsale medio-atlantica.

Il "ponte tra i due continenti" si trova sopra quello che, a prima vista, può anche sembrare un normale fossato pieno di sabbia, ma che, in realtà, costituisce la fenditura che separa la placca tettonica nordamericana da quella euroasiatica, che qui… riemergono dall'oceano!

Ben più noto è il secondo dei due siti dove ho potuto apprezzare questo fenomeno geologico. Il parco nazionale di Thingvellir, dal 2004 nell'elenco dei patrimoni dell'umanità Unesco, presenta una faglia decisamente più evidente, all'interno della quale è possibile camminare per diverse centinaia di metri su una passerella di legno, circondati dai bordi delle placche tettoniche che, lentamente ma inesorabilmente, si separano tra loro, allargando la fenditura di svariati millimetri ogni anno.

Ma questo luogo non ha solo un interesse naturale. Qui, infatti, si può respirare anche un po' di storia. E non di poco conto. Thingvellir significa, infatti, "pianure dell'assemblea". Nell'anno 930, tra queste rocce, fu fondato dalle tribù vichinghe quello che molti storici definiscono il più antico parlamento del mondo, che si riuniva ogni dodici mesi. In queste occasioni gli "oratori della legge" declamavano le novità legislative dall'alto di uno sperone che dominava la faglia.

L'Islanda è dunque terra giovane, terra vulcanica. Ma questo non deve far pensare che si tratti di un'esperienza… monocromatica: tutt'altro!

Ho infatti passato le mie giornate a pedalare circondato anche dal verde intenso che ammanta i ripidi pendii dei monti che digradano verso la grande pianura del sud, quando non ero invece catturato dal colore chiaro del particolare muschio che, per chilometri e chilometri, colonizza le colate di lava, donando al paesaggio un fascino quasi fiabesco.

E poi… il lilla! Sì, il lilla delle distese sconfinate di quei fiori che ho scoperto essere chiamati i "lupini d'Alaska".

La loro storia è decisamente singolare. Importati a partire dall'anno 1945, come metodo per limitare l'erosione del suolo in virtù della loro capacità di crescere anche su terreni difficili per altre piante, con il tempo la loro diffusione è divenuta talmente capillare da iniziare a essere osteggiata da una parte della popolazione, preoccupata sia del rischio di un rapido mutamento del tipico paesaggio "lunare" dell'isola, sia del soffocamento provocato ad altra flora autoctona, come i mirtilli.

È proprio all'orizzonte di una di queste distese color lilla che ho potuto scorgere una piccola chiesa posizionata in maniera singolare, quasi sul bordo della scogliera: la Strandarkirkja a Selvogur.

Incuriosito, ne ho approfondito la storia. O meglio, la leggenda che viene tramandata riguardo la sua costruzione. Si dice che la chiesetta fu realizzata con legname proveniente dalla Norvegia ma che, in realtà, originariamente non era destinato a tale scopo. Accadde che alcuni marinai, che trasportavano del legname per altri utilizzi sull'isola, si ritrovarono in balìa delle onde in una tempesta che impediva un attracco. A quel punto, pregarono il Signore promettendo che, se fossero riusciti a raggiungere la terraferma sani e salvi, avrebbero destinato il carico alla costruzione di una chiesa per grazia ricevuta. Così avvenne, con l'aiuto di un angelo comparso per guidare i marinai attraverso la tempesta, e da allora la chiesetta è mèta di pellegrinaggi e di preghiere esaudite, con conseguente raccolta di preziosi ex voto.


ARIA

Si scrive "Islanda" ma si legge "vento".

Già all'apertura automatica delle porte a vetri del settore "arrivi" dell'aeroporto di Keflavik ho avuto la conferma di ciò che mi aspettavo e che mi preoccupava: condizione per la quale mi ero comunque psicologicamente preparato nei mesi precedenti.

Il vento, in Islanda, è una costante. Vuoi visitare l'isola? Devi metterlo in preventivo perché fa parte del "pacchetto". Può essere vento leggero, medio, forte o fortissimo (spesso con chiusure di tratti di strada per alcune categorie di veicoli più a rischio) e a questo fenomeno atmosferico sono dedicate le (precisissime!) previsioni di alcuni siti web locali, così come i pannelli informativi disseminati lungo la ring road.

Fortunatamente, in otto giorni di pedalata solo uno è stato caratterizzato da un costante vento forte contrario, che non mi ha consentito di procedere a più di 10 km/h in pianura… Per il resto, vento leggero e medio o anche forte, ma quest'ultimo alle spalle (bello viaggiare a 40 km/h in pianura senza pedalare!).

Ma chi va in bici sa bene che non è il vento contrario quello da temere, perché di fatto rende semplicemente salita una semplice pianura, e ci può stare. No: è il vento laterale quello che ogni ciclista deve scongiurare, quello che in un paio di occasioni mi ha letteralmente sbattuto in mezzo alla strada, quando per mia fortuna non sopraggiungevano veicoli alle spalle…

Del resto, anche nei giorni con vento leggero pedalare in Islanda ti fa sentire di essere come un pugile salito sul ring: se non sono le raffiche a stenderti, lo farà la bellezza del paesaggio che ti circonda!

Naturalmente, il vento troppo forte rischia sempre di condizionare e stravolgere il programma di una tappa, durante una ciclovacanza. A me, ad esempio, capitò anni fa in Scozia, quando le forti raffiche mi fecero desistere dal visitare uno dei promontori sull'isola di Skye. Poco male, comunque: nei miei viaggi non mi impongo di vedere sempre e necessariamente tutto dei luoghi dove pedalo e, quindi, non mi rammarico più di tanto se sono costretto a omettere di visitare qualche attrazione. Anzi: lo prendo come buon auspicio che io possa magari ritornarci un giorno per completare la visita. Un po' come quando si hanno ospiti a cena e si ha la pancia troppo piena per concludere la serata con un pezzo di torta, ma ci consola la consapevolezza di poterla ritrovare la mattina dopo per colazione…

Il soffio del vento, in ogni caso, in Islanda non mi ha imposto cambi di itinerario e mi ha tenuto perennemente compagnia. Ho immaginato che potesse trattarsi del sussurro di qualche creatura dell'Huldufolk, il "popolo nascosto" costituito da elfi, spiriti delle montagne, gnomi, folletti e trolls protagonisti di una letteratura, quella locale, ricca di favole e di leggende in tema.

E così, ogni qualvolta mi sono imbattuto in una roccia dalla forma singolare e dalle dimensioni imponenti, non ho potuto fare a meno di chiedermi se davvero si trattasse di un troll che fosse stato sorpreso dalla luce del sole e, di conseguenza, pietrificato all'istante!

Di certo, pietrificate non erano le sterne artiche, uccelli decisamente "vivaci" e ostili nei riguardi di chi si azzardi a invadere il loro territorio. Uno di questi volatili è stato da me soprannominato "il guardiano della cascata", considerato che, sul breve sentiero che conduce alla Gluggafoss, ha pensato bene di attaccarmi (sia all'andata che al ritorno), riuscendo anche a colpirmi in testa (fortunatamente, è mia abitudine non togliermi il casco nemmeno quando scendo dalla sella per pochi metri…!).


ACQUA

Halla ha una doppia vita. È direttrice di un coro ma appena può si trasforma in un'eco-militante, per sabotare i tralicci che trasportano l'energia idroelettrica agli impianti siderurgici di un'importante multinazionale. E non lo fa con armi o esplosivi moderni. Quasi per sottolineare l'opposizione della semplicità alle complicanze del progresso che viaggia troppo spedito e incurante dei danni che provoca alla natura, Halla compie infatti le proprie missioni di "guastatrice" munita solo di arco e frecce.

Halla non è un personaggio reale, anche se è probabile che molti vorrebbero imitare le sue azioni. Si tratta della protagonista di un film ("La donna elettrica", del 2018) che pone all'attenzione del pubblico una questione che sempre di più, negli ultimi anni, sta interessando e preoccupando seriamente la popolazione islandese: il rischio della devastazione di un ambiente incontaminato e di un ecosistema millenario come conseguenza dello sfruttamento diffuso delle fonti di energia rinnovabile, prima fra tutte – per l'appunto – l'acqua.

Basti pensare allo "scempio" causato dalla diga di Karahjnukar, costruita nell'est del Paese allo scopo di creare energia idroelettrica per alimentare la più grande industria per la produzione di alluminio dell'isola. La realizzazione di quest’opera mastodontica ha comportato, infatti, il cambiamento del corso di due fiumi che scendono dal più grande ghiacciaio d'Europa (il Vatnajokull), influendo così radicalmente e definitivamente sulla geografia dei luoghi.

Del resto, che l'acqua sia la risorsa primaria d'Islanda è facile immaginarlo, non solo considerata la presenza di altri grandi ghiacciai oltre quello appena citato, ma anche tenuto conto che, per lunghi mesi dell'anno, l'isola è ricoperta da uno spesso strato di neve e ghiaccio.

Io, naturalmente, ho scelto l'estate come periodo per andare alla scoperta di questo territorio così affascinante. E così ho potuto ammirare nel loro momento di massima portata le numerose cascate situate nel sud-ovest dell'isola, che ho idealmente "suddiviso" in due categorie: quelle formate dai fiumi che terminano in notevoli e drastici "salti" rocciosi, come le notissime Seljalandsfoss e Skogafoss, oltre alla già menzionata Gluggafoss

…e le cascate, invece, create dalle rapide lungo i fiumi che, poi, non si arrestano ma proseguono nel loro corso, come l'Urridafoss, l'Aegissidufoss e la famosissima Gullfoss, cioè la "cascata d'oro".

Quest'ultima è così definita per i riflessi dorati che forma il sole nei suoi spruzzi, anche se gli amanti delle leggende preferiscono riferirsi a quella che ne attribuisce il toponimo a un tesoro formato da oro e oggetti preziosi che un ricco contadino avrebbe gettato un tempo tra le rapide (circostanza che dubito possa essere mai confermata da qualcuno, dopo avere osservato da vicino la potenza della cascata stessa!).

Si potrebbe anche pensare che, dato che l'acqua è così diffusa, dovrebbero quanto meno regalarla ai turisti. E, in effetti, è proprio così! A differenza degli altri paesi europei dove – si sa – fanno pagare l'acqua più di una bevanda gassata, in Islanda mi hanno sempre servito al ristorante una bottiglia di acqua gratuitamente, così come ho trovato enormi bottiglioni con rubinetto e bicchieri a disposizione dei clienti in alcuni caffè o tavole calde.

In questo modo, ho potuto almeno compensare (in minima parte…diciamo solo "virtualmente" e come effimera soddisfazione personale…) la spesa che invece ho dovuto sostenere per l'alimentazione. Anche se, ad onor del vero, dai racconti che avevo letto e sentito prima della partenza mi aspettavo di peggio. Basti pensare che al food truck posizionato davanti uno dei luoghi più turistici dell'isola - la cascata Seljalandsfoss – ho speso per un sandwich poco più di quanto si paga per un panino in un autogrill delle nostre autostrade, ma… vuoi mettere la differenza di panorama?!

Ma l'acqua, in Islanda, non è solo quella dei ghiacciai, dei fiumi e delle cascate. Trattandosi di un'isola, naturalmente c'è anche l'oceano a dire la sua. E nemmeno tanto sottovoce…

Sulla spiaggia di Reynisfjara, notissima anche per le spettacolari colonne di basalto (risultato del rapido raffreddamento della lava a contatto con l'acqua) e per la "roccia pugnale", spiccano infatti enormi cartelli di avvertimento del pericolo (purtroppo anche mortale, come dimostrato da funesti episodi nel corso degli anni scorsi) che la risacca delle onde anomale del mare può causare agli improvvidi turisti che si azzardino ad avvicinarsi troppo alla riva nei momenti sbagliati.

Sul posto, è stato addirittura installato un vero e proprio semaforo, con l'indicazione dei progressivi margini di sicurezza, sulla spiaggia, da rispettare a seconda del colore (verde, arancione e rosso) acceso. Per mia fortuna, sono capitato sul posto in una giornata tranquilla, quindi… semaforo verde per fare due passi sulla sabbia vulcanica!


FUOCO

Gunna era il soprannome di una donna che, un giorno, smise di pagare l'affitto al suo padrone di casa il quale, per punizione, privò l'inquilina morosa del suo unico avere: una pentola per cucinare. Al funerale della donna, gli uomini che trasportavano la bara si accorsero che essa era troppo leggera e la aprirono, scoprendo così che era vuota: Gunna si era trasformata in un fantasma, e iniziò a vendicarsi uccidendo il padrone di casa e altre persone che avessero la sventura di incontrarla. Per liberarsi del fantasma, gli abitanti del luogo si rivolsero al reverendo Eirìkur, che escogitò una trappola: fece rotolare un gomitolo in una pozza d'acqua bollente dove Gunna, seguendo il filo, cadde scomparendo per sempre.

Il cartello che narra questa leggenda è posto nel cuore della penisola di Reykjanes, nei pressi del faro più antico dell'isola, come introduzione alla passerella che conduce proprio sul bordo dell'area geotermica denominata, per l'appunto, "Gunnuhver".

Dalle acque bollenti (fino a 300°) del grande cratere emergono, senza soluzione di continuità, dense fumarole che, complice anche l'estrema drammaticità del territorio vulcanico circostante, donano al sito un aspetto quasi "infernale", tanto che non sorprenderebbe scorgere un giorno Gunna mentre riemerge mefistofelica da questa grande "pozza" in cui venne attratta con l'inganno!

Ma tutta la penisola di Reykjanes mi ha fornito davvero la sensazione di pedalare in uno dei gironi danteschi, densa com'è di crateri vulcanici piccoli e grandi, alcuni dei quali ogni tanto si "risvegliano" (è accaduto nel 2022 e anche mentre mi accingevo a concludere il cicloviaggio di quest'anno, tanto che ho potuto nettamente avvertire le scosse di terremoto in sequenza che preavvertivano dell'imminente eruzione).

Del resto, più del 60% del territorio dell'isola è formato da lava e altri materiali vulcanici. Ciò è dovuto alla sottile crosta terrestre e alla continua frizione tra le placche tettoniche nordamericana ed euroasiatica, con conseguente e sporadica attività eruttiva da bocche "dormienti" o solfatare e geyser invece a getto continuo.

Il più noto di questi ultimi si trova a Geysir, località talmente iconica che da qui ha avuto origine il termine "geyser", noto in tutto il mondo e soprattutto per i visitatori dei parchi statunitensi. Un sentiero protetto consente di camminare su una collina disseminata di pozze da cui sgorga in continuazione acqua bollente. Il vecchio geyser, che spruzzava acqua fino a 40 mt. di altezza, è ormai da tempo quiescente. Oggi si può ammirare, invece, quello denominato Strokkur, che getta acqua a un'altezza di 25-30 metri a intervalli regolari.

Si tratta di una delle attrazioni turistiche più note e visitate d'Islanda. Quanto si paga per visitare il sito? La stessa cifra che ho pagato per ammirare (da vicinissimo) tutte le cascate dove mi sono fermato, per camminare dentro la faglia di Thingvellir, per attraversare l'affascinante "ponte tra i due continenti", o per affacciarmi nel cratere alla ricerca del fantasma di Gunna: nulla!

Come l'acqua, anche il fuoco rappresenta una fonte di energia rinnovabile e, proprio come gli impianti idroelettrici, anche quelli della geotermia da anni stanno dividendo la popolazione, a causa dell'evidente e irreversibile trasformazione del territorio dell'isola.

Nell'ultima tappa del mio cicloviaggio, ho potuto toccare con mano tutto ciò. Da una splendida vallata in mezzo alle montagne, nei pressi della stazione geotermica di Nesjavellir, mi è stato sufficiente seguire le condotte installate sul bordo della strada per arrivare nei pressi della capitale Reykjavik.

Decine di chilometri di enormi tubazioni che, in effetti, colpiscono come un pugno nello stomaco per il contrasto che creano rispetto al paesaggio incontaminato che, tutt'intorno, si può ammirare a 360 gradi.


BICI

Eccolo, il quinto elemento di questa vacanza in terra d'Islanda!

La mia Surly Straggler, fida compagna tutta in acciaio, sempre carica di bagagli e che ho già strapazzato nei gli anni scorsi, portandola con me a conoscere mezza Europa e ora, finalmente, anche l'Islanda. Anche se i pochi giorni a disposizione (otto) non mi hanno consentito di compiere il classico giro intorno all'isola, sono comunque riuscito a visitare in lungo e in largo la zona sud-ovest.

Amo viaggiare in bici perché, secondo me, si tratta del mezzo che, con la giusta velocità (né poca come a piedi, né troppa come in auto o in moto), consente di affrontare discrete distanze giornaliere con la più efficace immersione negli elementi del paesaggio che si apre davanti alle ruote.

Oltretutto, in Islanda, le grandi distanze tra i pochi centri abitati e il silenzio che accompagna il lento incedere di un ciclista fa sì che quest'ultimo possa davvero isolarsi e, magari, eliminare qualche scoria negativa della propria quotidianità.

Se Jules Verne, in quello che probabilmente è il suo più noto romanzo, ha scelto quest'isola come punto di partenza per un "viaggio al centro della terra", è facile che un turista a pedali possa adottarla come spunto per un viaggio invece al centro di sé, con l'ausilio della presenza maestosa e ingombrante della natura che lo circonda.

Già, la natura. Anzi: la Natura con la N maiuscola. Perché davvero viaggiare in Islanda consente di entrare talmente e direttamente a contatto con gli elementi primordiali della Natura che ci si rende immediatamente conto di quanto essa sia davvero "viva" e, nella solitudine, quasi si finisce per avere la sensazione di conversarci.

Non a caso, è proprio con un cittadino islandese che Giacomo Leopardi, in una delle sue operette morali, immagina che la Natura si intrattenga in un lungo dialogo. Quest’ultima tiene a precisare che alcune sue manifestazioni che l'uomo teme e rifugge (climi estremi e intemperie) non sono altro che il risultato dell'alternarsi di cicli di produzione e di distruzione che permettono il perpetuarsi della vita sulla terra, cicli rispetto ai quali l'uomo non ha alcuna voce in capitolo, non costituendo certo una priorità agli occhi e nei disegni della Natura stessa ("Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?").

Ed è proprio così che un cicloviaggiatore percepirà la presenza degli elementi naturali visitando questa terra, così affascinante nel suo aspetto decisamente primordiale. Di certo, le condizioni che talvolta troverà potranno metterlo a dura prova, con sferzate di vento gelido o improvvisi rovesci di pioggia. Ma il viaggiatore a pedali, consapevole di non potere affrontare una lotta così impari con la Natura, deciderà di buon grado di adattarsi ad essa (magari con molta pazienza e certamente con un'ottima attrezzatura…), per rilassarsi con il pensiero che, comunque, andrà tutto bene.

Anzi, come dicono da queste parti, "thetta reddast!".


L’itinerario

Le tappe:

1) Keflavik - Bru Milli Heimsalfa (il "ponte tra i due continenti") - Reykjanestá - Gunnhuver - Brimketill - Grindavik - Thorlakshofn (km. 107)

2) Thorlakshofn - Eyrarbakki - Urridafoss - Aegissidufoss - Hella (km. 77)

3) Hella - Gluggafoss- Seljalandfoss - Skogafoss (km. 76)

4) Skogafoss - ghiacciaio Solheimajokull - Dyrholaey - Reynisfjara - Dyrholaey (km. 69)

5) Dyrholaey - Skogafoss - Seljalandfoss - F249 - Nauthusafoss - Hella (km. 115)

6) Hella - Fludyr - Gullfoss - Geysir (km. 94)

7) Geysir - Thingvellir - Nesjavellir (km. 83)

8) Nesjavellir - Reykjavik - Keflavik (km. 98)