Leggende, birra e castelli:

la Boemia in bicicletta

Un’affascinante pedalata di tre giorni fuori stagione, godendo dei silenzi e dei colori autunnali tra i Monti Metalliferi e la Selva Boema, senza trascurare tappe culturali imperdibili.


Karlovy Vary (Repubblica Ceca), ottobre 2024.

Cammino lentamente, spingendo la bici a mano, nella zona pedonale della più antica città termale della Boemia, circondato da coloratissimi edifici neoclassici e godendo di suggestivi scorci sui famosi colonnati eretti lungo il fiume Teplà.

Intorno a me, frotte di turisti (non troppi, fortunatamente, considerato il periodo di bassa stagione) passeggiano per Vary (così la città viene semplicemente chiamata dai cechi) tenendo in mano una tazza di porcellana, una di quelle che ho notato esposte nei chioschi di souvenir o nelle vetrine dei negozi turistici.

La cosa mi incuriosisce. Scopro, così, che si tratta di tazze da riempire (gratuitamente) presso le numerose sorgenti di acqua solforosa, dalle decantate proprietà terapeutiche, che rendono questa località nota e frequentata da secoli.

Secondo una leggenda, le sorgenti curative furono scoperte dal re di Boemia e imperatore del Sacro Romano Impero Carlo IV durante una battuta di caccia al cervo, quando l’animale rimase scottato dall’acqua improvvisamente sgorgata dal suolo.

Dovendo pedalare per i prossimi tre giorni alla scoperta della regione, non credo che sia il caso di scoprire, oggi, quali effetti “benefici” possano avere queste bevute. Preferisco, piuttosto, utilizzare una tazza ben più piccola e per un altro uso. Fortunatamente, infatti, trovo un locale dotato di una di quelle macchine da caffè che utilizza le stesse capsule che io consumo a casa. Con il suo sorriso complice, il titolare dell’esercizio dimostra di avere capito che sono italiano e che, quindi, voglio andare sul sicuro!

Sono giunto in treno qui, al “Bagno di Carlo” (questa la traduzione del toponimo della città), partendo da Praga, dopo una piacevole pedalata alla scoperta del centro storico della capitale, inizialmente immerso nella nebbia autunnale di prima mattina.

Ponte Carlo con le numerose e iconiche statue, la piazza di Staré Mesto (la “città vecchia”) con il suo orologio astronomico e la singolare chiesa di Santa Maria di Tyn (la cui facciata è in parte coperta dalle case costruite proprio a ridosso delle mura), il castello che, secondo il Guinness dei Primati, è il complesso più grande al mondo (si estende su un’area di quasi 70.000 mq): queste sono solo alcune delle innumerevoli attrazioni che mi ha offerto la città di Franz Kafka all’inizio di questa breve ciclovacanza.

La passeggiata nel centro termale di Vary è terminata, è l’ora di inforcare nuovamente la bici e di andare alla scoperta di una delle regioni meno popolate d’Europa. E quale migliore modo se non farlo in piena sicurezza e al riparo dal traffico automobilistico? Quindici chilometri di pista ciclabile lungo il fiume Ohre, di cui un terzo su un compatto fondo sterrato, pedalando in un fitto bosco alternato a tratti più aperti tra alte pareti di roccia di granito: è questo, infatti, l’itinerario che ho scelto per raggiungere la mia mèta di fine giornata.

Loket, in ceco, significa letteralmente “gomito”. È la forma che assume il fiume che, curvando per l’appunto “a gomito”, circonda per tre lati il promontorio roccioso dove spicca l’affascinante castello in stile romanico-gotico del XIII secolo che rende questa cittadina uno dei luoghi più pittoreschi della Boemia occidentale.

Ma non è solo il castello a rendere Loket un luogo che merita una sosta.

Verde, blu, rosa, giallo, arancione…: gli edifici storici borghesi che circondano la piazza principale, dove svetta un’alta colonna barocca dedicata alla S.S. Trinità, appaiono formare quasi un perenne arcobaleno al cospetto dell’hotel dove si dice che soggiornò lo scrittore Johann Wolfgang Goethe e dove oggi, sperando di non abbassare troppo la media di caratura degli ospiti, trova alloggio questo umile cicloturista!

Se c’è una cosa che conferma che, nei miei viaggi, mi accompagna sempre una certa dose di fortuna è svegliarmi senza la pioggia e trovare le strade bagnate. Segno che la perturbazione è già transitata durante la notte.

Eccomi, dunque, nuovamente a pedalare in una giornata che, via via, si sviluppa accompagnata da un magnifico sole, passando dalle fitte foreste che si estendono tra i Monti Metalliferi e la Selva Boema ad altipiani dove le ruote sembrano proiettarsi verso un luogo indefinito, laggiù a perdita d’occhio.

Quasi nessuno per strada. Un silenzio surreale. Spazi sconfinati che danno la sensazione di un grande vuoto. Ma è un vuoto che riempie.

I vividi colori autunnali mi accompagnano fino al termine della mia seconda tappa, nella cittadina di Rakovnik, dove nella sua immensa piazza principale non posso fare a meno di notare l’evidente contrasto tra imponenti palazzi neoclassici e tristi edifici di cemento risalenti invece al periodo comunista.

All’ombra della magnifica torre medievale che domina la città, trovo alloggio in un piccolo hotel, prima di concedermi una meritata cena rigeneratrice, accompagnata – nemmeno a dirlo – da un’ottima birra locale.

La temperatura dell’aria al risveglio è probabilmente anche più bassa di quella della birra! Fortunatamente, il sole, piano piano, fa capolino tra la fitta foresta e comincia a scaldarmi un po’, mentre pedalo lungo una tortuosa pista ciclabile, che ben presto diventa un sentiero sterrato da affrontare con cautela, avendo montato sulla bici normali copertoni da strada.

Nella somma algebrica tra pro e contro, la suggestione di pedalare immersi nella vegetazione prevale comunque sulle insidie che devo affrontare, senza considerare che il “premio” per l’azzardo è ben presto conquistato ed è costituito dall’arrivo al cospetto di un altro magnifico castello della regione.

Edificato nel XIII secolo, ma più volte nei secoli danneggiato da incendi e ricostruito, il castello di Krivoklat dall’alto di uno sperone roccioso domina una vasta zona boschiva un tempo riserva di caccia reale.

Il maniero, purtroppo un po’ ai margini delle odierne rotte di turismo internazionale, fu una delle più grandi residenze del medioevo e oggi i visitatori possono ammirarne gli interni gotici, un’enorme sala reale e anche una prigione sotterranea dove pare che siano stati detenuti illustri prigionieri (secondo una guida locale, in una delle torri fu recluso l’alchimista inglese Edward Kelly, arrestato nel 1591 su ordine dell’imperatore Rodolfo II per non essere riuscito a trasformare metalli in oro).

Poco più di 30 chilometri ed eccomi sotto le mura di un altro castello, questo sì al centro dell’interesse dei turisti provenienti da ogni parte del mondo, grazie soprattutto alla vicinanza alla capitale.

In alta stagione e nei fine settimana, infatti, decine di pullman provenienti da Praga giungono qui, a Karlstejn, e scaricano frotte di visitatori che riempiono la strada in salita, fiancheggiata da una moltitudine di ristoranti e negozi di souvenir, che porta all’imponente castello, dal profilo decisamente… fiabesco!

Fortunatamente, il giorno infrasettimanale di ottobre mi permette di godere del luogo in perfetta solitudine, e di ammirare così in tranquillità il castello edificato da Carlo IV nel XIV secolo per custodire i gioielli della corona boema e che, secondo una leggenda, era destinato esclusivamente alle esigenze spirituali dell’imperatore, per cui venne severamente vietato l’ingresso alle donne.

Un’altra leggenda (l’ennesima, di questa regione fatata e misteriosa!) narra di un cane che, qui al castello, salvò la vita a un musicista al quale era stato offerto un calice di vino avvelenato: il fedele compagno saltò in grembo al suo padrone e bevve il veleno al posto suo.

Decido di terminare qui, dopo 178 chilometri affrontati in tre tappe, la mia escursione a pedali e di rientrare a Praga caricando la bici sul treno. In appena mezz’ora sarò a destinazione. Anni di cicloviaggi in giro per l’Europa mi hanno indotto a scegliere spesso questa soluzione per evitare il caos che si trova entrando nelle grandi città o uscendo dalle stesse. Le piste ciclabili cittadine sono sì una benedizione per gli utenti a due ruote, ma, tra studenti e lavoratori che le utilizzano sfrecciando frettolosamente, invasione da parte di pedoni, passi carrabili e continue intersezioni con strade trafficate, a volte non sono l’ideale per un cicloviaggiatore che, con il suo lento incedere, vorrebbe solo ammirare un po’ di panorama urbano.

Preferisco, dunque, godermi a piedi l’ultima sera in questa città ammantata di un’aura quasi magica e, al contempo, di un fascino oscuro. Una città non a caso scelta come location di numerose produzioni cinematografiche dedicate a storie di mistero, spionaggio e tradimenti.

L’occasione, naturalmente, va sfruttata per un ultimo assaggio della bevanda che rende la Repubblica Ceca nota in tutto il mondo. Questa volta, la birra serve a innaffiare una specialità locale che mi sorprende: il ginocchio (sì, proprio il ginocchio, non il solito stinco) di maiale!

La bici è nella sua valigia speciale, pronta a tornare a casa.

Mi preparo per l’ultima notte e, complici forse la serie di leggende e il clima fiabesco che mi hanno accompagnato in questo breve cicloviaggio, rifletto sul fatto che, proprio qui nella capitale ceca, la fantasia di Franz Kafka ha immaginato che il commesso viaggiatore Gregor Samsa si svegliasse una mattina trasformato in un enorme insetto.

Ma fortunatamente questa metamorfosi non mi riguarderà.

Almeno spero.